venerdì 11 marzo 2011

La festa non festa

Un otto marzo felice ma triste.

Felice perché dopo diversi mesi la mia amica ed io siamo riuscite a incontrarci.
Felice perché abbiamo fissato l’incontro dalla parrucchiera così uniamo l’utile al dilettevole.
Felice perché Papàbarba si è preoccupato di farci trovare la cena pronta al rientro.
Felice perché i koala e G, la figlia della mia amica, riescono ad essere complici, anche se si vedono raramente.
Felice perché spedito Papàbarba alla sua riunione e invitati i bambini a giocare in cameretta, siamo riuscite a parlare…da sole, come quasi mai era successo.
La sua situazione è sempre la stessa, o forse va peggiorando.
La mia amica si ritrova a dover crescere la sua dolcissima bimba da sola, invasa dai sensi di colpa, aiutata ma continuamente giudicata da genitori disonorati dalla presenza ingombrante di questa ragazzamadre, oppressa dall’ombra di un uomo che finge di essere un padre, un compagno, un uomo.
Lei invidia dichiaratamente il mio Papàbarba. Io le invidio la forza d’animo. Una forza che, però, non riesce a sconfiggere la paura che ha, di lui. Così rinuncia anche al solo pensiero di rifarsi una vita “E se capisce che esco con qualcuno?…E se me la porta via?… È imprevedibile!… E poi G. lo venera” (come tutti i bambini anelano alle cose che non hanno). La domenica escono in tre, perché G. chiede di lui e a lei sembra giusto non farle mancare questa controfigura di padre. Le sembra sbagliato invece chiedergli soldi per il mantenimento, o peggio, ha il terrore che dopo lui pretenda di vedere G. da solo. Lui “non ci arriva” a contribuire, come non c’arrivava a capire di tirare giù il passeggino dalla macchina ed aprirlo, quando G. era ancora piccola e lei la teneva in braccio. Ma d’altronde, a volte, si fa anche pagare il gelato! In più c’è questa cosa chimica che ogni tanto succede perché “sai, anch’io sono fatta di carne!”. Non giudico, ma non capisco, io che per far succedere qualcosa di chimico, devo stimare una persona nel profondo. Ed altro, altro ancora.
Infine i saluti, i baci, la promessa di rivederci presto e ancora baci. Perfino G. riesce a baciare Ben5 senza che lui si strofini la manica sulla guancia e questo ha dell’incredibile.
Qualche minuto più tardi, nel silenzio della casa, nel mio vagabondare qui, trovo questo.
Ripenso alla mia amica “schiava”, sono triste per la sua situazione, vorrei aiutarla ma non so cosa posso fare.
Sono triste, ma vado a letto felice, per averla incontrata, per averle parlato, per averla ascoltata, per averle intravisto negli occhi la speranza che un’altra possibilità ci deve essere.

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